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I contenuti degli articoli rappresentano esclusivamente le idee e le opinioni degli autori, e in nessun modo i punti di vista dell'Università Bocconi.

Entrata in Costituzione dell’aborto in Francia



Il Manifesto delle 343,Le manifeste des 343, fu pubblicato il 5 aprile del 1971 sulla rivista Nouvel Observateur. 343 donne, sotto la guida della filosofa e scrittrice Simone de Beauvoir, raccontarono le loro esperienze di aborti clandestini, esponendo sé stesse alle relative conseguenze penali. Invero, dal 1920 vigeva in Francia una legge che comminava pene fino a sei anni per la donna che avesse deciso di abortire o il medico che avesse procurato aborti. A titolo meramente esemplificativo, nel 1943 durante il Governo di Vichy, Marie-Louise Giraud fu condannata alla ghigliottina per avere procurato 27 aborti. Il manifesto è un esempio di disobbedienza civile e include firme di donne influenti come Catherine Deneuve e Gisele Halimi. Tradotto in italiano, esso comincia nel seguente modo:

Ogni anno in Francia, abortiscono un milione di donne.

Condannate alla segretezza, sono costrette a farlo in condizioni pericolose quando questa procedura, eseguita sotto supervisione medica, è una delle più semplici.

Queste donne sono velate, in silenzio.

Io dichiaro di essere una di loro. Ho avuto un aborto.

Così come chiediamo il libero accesso al controllo delle nascite, chiediamo la libertà di abortire.


La sua pubblicazione ebbe notevole impatto e influenzò considerevolmente il dibattito pubblico sull’aborto in Francia. Il manifesto fu anche l'ispirazione per una dichiarazione in supporto dell'aborto da parte di 331 medici che pubblicarono il proprio manifesto il 3 febbraio 1973:

Noi vogliamo la libertà di abortire. È una decisione interamente della donna. Rifiutiamo qualunque condizione che costringa la donna a difendersi, perpetui una atmosfera di colpevolezza, e permetta agli aborti clandestini di continuare ad esistere (…)

Con la legge Veil, grazie all’allora Ministro della Salute Simone Veil, nel 1975 si ebbe la legalizzazione dell’aborto volontario in Francia, che rese possibile per le donne interrompere la gravidanza entro le prime dieci settimane (successivamente estese a dodici).

Cinquantatré anni dopo la pubblicazione del Manifesto delle 343 donne, il 4 marzo 2024 ha segnato un momento storico per la Francia, prima al mondo a inserire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella propria Costituzione. Questa modifica costituzionale è stata approvata con un ampio consenso da parte dei deputati e senatori riuniti a Versailles, con una votazione quasi unanime che ha sancito l’inclusione di questo diritto fondamentale nell’art. 34 della Costituzione

Quest’ultimo recita: “la legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà garantita alla donna di far ricorso ad un’interruzione volontaria della gravidanza”: un riconoscimento del diritto delle donne francesi di scegliere sull’aborto in modo libero. Ora, per la sua abrogazione, non è sufficiente una legge ordinaria, ma occorrerebbe una riforma costituzionale con un iter più lungo e complesso: viene impedito ai futuri governi di limitare l’accesso all’Igv se non scontrandosi con il Consiglio Costituzionale.

Questa decisione invia un forte messaggio al resto del mondo: la necessità di introdurre a livello costituzionale una forma di tutela per le donne, data la facilità con cui alcuni governi stanno smantellando pezzo per pezzo i diritti delle stesse. Invero, questa scelta riscatta un “debito morale” nei confronti di tutte le donne, specialmente di coloro che ogni giorno sono costrette a ricorrere alla clandestinità e che lottano ovunque nel mondo per i propri diritti, aveva spiegato in precedenza il premier Attal. Anche Laurence Rossignol, senatrice socialista, ha apostrofato le politiche antiabortiste di “Trump, Bolsonaro, Orban, Milei, Putin, senza dimenticare i mullah e i dittatori teocratici”.

Invero la discussione francese si è accesa dopo la decisione della Corte Costituzionale degli Stati Uniti di rovesciare la celebre Roe v. Wade, la sentenza che sanciva la legalità dell’aborto: dal 2022 numerosi governi federali (tra cui quelli di Texas, Alabama, Mossouri, Indiana, Lousiana) hanno deciso di bloccare o rendere impossibile l’accesso alle interruzioni di gravidanza, con conseguenze spesso drammatiche, specialmente per quanto riguarda le vittime di stupro, di incesto, di gravidanze in età adolescenziale: donne la cui salute viene messa in pericolo da una gravidanza, che, a prescindere dalle motivazioni, si ritrovano a non poter decidere del proprio corpo e della propria vita, venendo trattate non come esseri umani dotati di libero arbitrio sul corso della propria vita, ma come pedine da gioco, come soprammobili con organi riproduttivi, a tal punto che, in Polonia, ad esempio, dal 2020 l’aborto è incostituzionale anche in caso di grave danno fetale e di pericolo di vita.

Sono quelle appena citate norme che chiamare restrittive appare un eufemismo, che riportano le battaglie per i diritti delle donne indietro nel tempo, e che anche in Italia sono frequentemente invocate (recentemente è approdata alla Camera una proposta di legge in cui è previsto, come in Ungheria, che le donne che vogliono interrompere una gravidanza sono tenute ad ascoltare il battito del feto). 

Inoltre, dopo le nuove linee emanate nel 2020, l’aborto farmacologico basato sulla somministrazione della RU486, la pillola abortiva, è possibile nei consultori soltanto in due regioni: il Lazio e l’Emilia-Romagna

Per di più, pochi giorni fa, con il voto dall’Europarlamento arriva un’indicazione chiara agli Stati membri: difendere la libertà e l’autodeterminazione delle donne, la loro libera scelta sul proprio corpo. Un voto di civiltà e progresso che conferma l’Europa come la culla dei diritti. L’Italia ha votato contro. 

Eppure, la legge 194 che garantisce alla donna il diritto di ricorrere alla IVG (interruzione volontaria di gravidanza) in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza) nei primi 90 giorni di gestazione risale al 1978, ovvero ben 45 anni fa.

All’evidenza, la prova che, pur essendo previsto dalla legge, anche in Italia il diritto all’aborto è fortemente ostacolato e sentirsi libere riguardo le scelte sulla salute riproduttiva non è affatto considerato un vero e proprio diritto.

Ogni anno, gli aborti nel mondo sono circa 73 milioni. Di questi, il 45% (quindi quasi la metà) sono effettuati in modo non sicuro. Per quanto riguarda l’Italia, secondo le stime dell’Istat, le interruzioni di gravidanza contate solo nel 2020 sono state 66.413, mentre gli aborti clandestini ammonterebbero tra i 10.000 e i 13.000 casi all’anno. Dunque, è chiaro che le limitazioni non interrompono gli aborti, ma impediscono alle donne di ricevere un’adeguata assistenza sanitaria: come stimato dall’Istituto Guttmacher, una delle massime autorità sul tema, ogni anno 39.000 donne muoiono a causa delle conseguenze degli aborti clandestini e 7 milioni vengono ricoverate per complicanze.

Sentendo le misure proposte dalle associazioni antiabortiste si avverte inevitabilmente una morsa al petto: queste spalancano un baratro di fronte alla possibilità per le ragazze, per le bambine e per le adolescenti, di scegliere chi vogliono essere, di autodeterminarsi al di là di canoni sociali che, come catene sempre più pesanti, le legano a un binomio donna-madre praticamente obbligatorio. Anche a costo della loro stessa vita. 

Il diritto all’aborto è sempre in pericolo, ci ricorda la Francia. Negarlo significa non solo limitare la libertà di scelta delle donne, ma ridurre drasticamente i loro diritti umani.


Lavinia Morgante

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The contents of the article represent solely the ideas and opinions of the author and in no way the opinions of Bocconi University or the IUS@B association.


Bibliografia: 

  • La Repubblica: Aborto, la Francia è il primo Paese al mondo a inserirlo nella Costituzione. Una notizia di portata storica di Giulia Mattioli

  • Luce: Aborto, quando gli ostacoli sul percorso spingono alla clandestinità di Giorgia Borgioli

  • Skytg24: L'aborto diventa un diritto della Costituzione francese, ok dal Parlamento di Chiara Piotto

  • Vatican news: Francia, approvato aborto in Costituzione. Paglia: la vita va tutelata in ogni momento

  • Diritto.it: Francia: diritto all’aborto in Costituzione, una svolta per i diritti delle donne di Chiara 



 
 
 

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