Suicidio assistito, Elena è morta in Svizzera
- Carlo Buccisano
- 20 ott 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 24 nov 2022

In piena estate, in Italia si è tornati a parlare di eutanasia e suicidio medicalmente assistito. La questione, circa un anno prima, era stata oggetto di una raccolta firme in tutta Italia per chiedere un referendum popolare che depenalizzasse la pratica, sotto la forte spinta di personaggi politici e non, come esponenti dei Radicali Italiani e, soprattutto, Marco Cappato. Quest’ultimo, ex studente Bocconi, laureato in economia nel 1994 ed ex eurodeputato, è ormai da anni al centro di vicende di cronaca giudiziaria di notevole clamore.
Una delle più conosciute e significative per il cambio di passo giurisprudenziale che ha determinato, di cui peraltro si è parlato molto negli ultimi anni, è quella che vede come protagonista Fabiano Antoniani – meglio conosciuto come Dj Fabo – che, attraverso l’Associazione Luca Coscioni di cui Cappato è tesoriere, è riuscito ad ottenere nel febbraio del 2017 l’assistenza alla morte volontaria presso la clinica “Dignitas” di Zurigo, in Svizzera. In quell’occasione, in seguito al rientro in Italia Marco Cappato si è autodenunciato per il reato di cui all’art. 580 c.p., rubricato come “Istigazione o aiuto al suicidio”. Il pubblico ministero della Procura di Milano, in un primo momento, richiese al giudice delle indagini preliminari l’archiviazione del caso, che fu da quest’ultimo però rifiutata.
Durante il procedimento, è era stata la Procura stessa a presentare una memoria in cui veniva suggerito al giudice del dibattimento di adire la Corte costituzionale per sollevare una questione di legittimità dell’art. 580 c.p. avente ad oggetto la previsione di punibilità per coloro che agevolano l’eutanasia di un soggetto malato terminale, come del resto era Dj Fabo, diventato cieco e tetraplegico a seguito di un incidente, che ha compiuto consapevolmente la scelta di procedere all’eutanasia stessa senza però essere materialmente in grado di compierla da solo.
La Corte costituzionale, attraverso la sentenza n. 242 del settembre 2019, ha dichiarato Cappato non punibile, in ragione del fatto che l’eventuale colpevolezza circa il suicidio assistito è da rimettere alla fattispecie del caso, e dunque nuovamente in capo alla magistratura ordinaria della Corte d’Assise milanese. Con la sentenza emessa il 23 dicembre 2019, anche la Corte d’Assise del Tribunale di Milano assolve Cappato per il caso “Dj Fabo” motivando l’insussistenza del fatto di reato con la ripresa della già menzionata sent. Cost. 242/2019.
Il 3 agosto 2022, tuttavia, Marco Cappato è tornato a far parlare di sé perché ha aiutato, ancora una volta per il tramite dell’associazione di cui è tesoriere, la signora Elena A. (il cognome non viene rivelato per motivi di privacy come richiesto dalla famiglia), malata terminale di tumore, ad ottenere il suicidio assistito presso una clinica a Basilea, accondiscendendo alle volontà dalla donna espressa chiaramente in un videomessaggio lasciato all’associazione Luca Coscioni:
“Mi sono trovata davanti ad un bivio. Una strada più lunga che mi avrebbe portato all’inferno, una più breve che poteva portarmi qui in Svizzera, a Basilea: ho scelto la seconda. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa – ha aggiunto la donna – tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo, questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola”.
Il giorno successivo alla morte della donna, Marco Cappato si è recato autonomamente presso una stazione dei carabinieri di Milano per autodenunciarsi per il reato di aiuto al suicidio, al pari di come aveva proceduto nel 2017.
Nuovamente indagato per l’integrazione del reato di cui all’articolo 580 c.p., “Istigazione o aiuto al suicidio”, e a rischio condanna fino a 12 anni di reclusione, Cappato si trova questa volta ad aver attuato una condotta giuridicamente differente da quella assunta nel 2017: se infatti l’accompagnamento di DJ Fabo era giustificato dalla sua paralisi e dall’impossibilità di spostarsi e respirare in autonomia, la signora Elena A. è stata, invece, fino al momento della morte, pienamente autonoma, cosciente, autosufficiente, e dunque potenzialmente capace di recarsi in Svizzera con propri mezzi per sottoporsi al trattamento eutanasico. L’aspetto fattuale per cui la donna non era tenuta “in vita da trattamenti di sostegno vitale” non consente, in altri termini, di ricondurre alla nuova vicenda le considerazioni svolte dalla Corte costituzionale nel 2019: la storia è tutta da riscrivere. L’autodenuncia di Cappato, che sarà assistito in giudizio dall’avvocato Filomena Gallo, segretario nazionale dell’Associazione Coscioni, è finita all’attenzione dell’ufficio della Procura di Milano e, quindi, i PM del tribunale milanese hanno iscritto ufficialmente Marco Cappato nel registro degli indagati.
Cappato, dopo essersi autodenunciato, ha rilasciato dure dichiarazioni di critica nei confronti della staticità della politica italiana dinnanzi a questioni sociali pressanti:
“Non c'è stata alcuna risposta da parte del Parlamento, della politica, dei capi dei grandi partiti. In queste ultime due legislature non è mai stata discussa nemmeno un minuto la nostra legge di iniziativa popolare presentata nove anni fa. Ora siamo arrivati a questa situazione che di fronte alla richiesta di Elena, potevamo girarci dall'altra parte o darle l'aiuto che cercava, alla luce del sole e assumendoci totalmente la responsabilità di questo.”
Inoltre, ha anche ricordato l’epilogo della raccolta firme per la promozione del referendum popolare sul tema, respinto dalla Consulta:
“Dalla Corte costituzionale, presieduta da Giuliano Amato, è stato impedito al popolo italiano di decidere, in un modo o nell’altro, sulla legalizzazione dell’eutanasia. Non sono riusciti ad approvare nenche la Legge di iniziativa parlamentare. Noi abbiamo questa strada oggi, nella prossima legislatura si vedrà. La bocciatura del referendum incide, perché se a giugno si fosse votato, se la Corte costituzionale non avesse accampato pretesti per impedire a cittadini di votare, oggi non saremmo qui”.
È evidente, dunque, un distacco sia fattuale che ideologico fra politica e popolo: se, da un lato, sono forti le riserve che la classe politica ha nel cercare una soluzione tramite la politica stessa alla questione della depenalizzazione dell’aiuto all’eutanasia, dall’altro lato si rileva un sempre crescente interesse popolare a questa tematica e una pressante richiesta di legiferazione. A fronte dell’esito delle elezioni politiche e dalle dichiarazioni degli esponenti della coalizione vincitrice, pare però altrettanto evidente che il nuovo Parlamento formatosi dopo le elezioni del 25 settembre non avrà posto nella sua agenda di lavoro per una decisione in merito. Molta strada ancora deve essere percorsa.
Di Carlo Buccisano, con Ludovica Mazzei
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I contenuti degli articoli rappresentano esclusivamente le idee e le opinioni degli autori, e in nessun modo i punti di vista dell'Università Bocconi.
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