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I contenuti degli articoli rappresentano esclusivamente le idee e le opinioni degli autori, e in nessun modo i punti di vista dell'Università Bocconi.

Si vis pacem, para bellum

“Ah, questi giovani d’oggi, gli ci vorrebbe proprio un po’ di servizio militare...”

Familiare, vero?

Non c’è da infastidirsi: è normale che lo sia; l’antifona di ispirazione pliniana sull’indisciplina dei giovani non ha mai fatto sconti a nessuno e mai li farà, neanche a noi millennials e gen z; anzi, occhio a biasimare cantilene che un giorno, chissà, potremmo recitare noi alla nostra discendenza.

Prediche a parte, quanti di noi si sono effettivamente interrogati, almeno una volta nella vita, su cosa prevedesse, effettivamente, il servizio militare? Ben pochi, verosimilmente; un ammontare, però, che i nostri rappresentanti in giacca e cravatta di Montecitorio potrebbero a breve incrementare considerevolmente.

Già, perché da poche settimane è l’argomento più dibattuto, controverso, divisivo del momento, quello del disegno di legge presentato dalla Lega e al momento in esame alla Camera dei Deputati, sulla reintroduzione del servizio militare obbligatorio.

Posto il nostro solito esiguo interesse per il dibattito politico conseguente alla proposta e trattandosi di un progetto di legge dai risvolti giuridici comprensibili e immediati, cercheremo di esaminare insieme le previsioni di natura legislativa in ordine all’obbligo di prestare servizio militare, provando a far luce su tutti (o quasi) i dubbi di sorta e fornendo al lettore un quadro chiaro e comprensibile del possibile provvedimento.

Come accennato in apertura, noi del terzo millennio siamo cresciuti col mito (o forse con la paura) del servizio militare obbligatorio; ma esattamente, di che cosa si tratta? Nient’altro che di un periodo di sei mesi (questa sarebbe la nuova durata) di servizio, appunto, obbligatorio, da prestare presso le forze armate nazionali, con l’unica alternativa, mediante l’obiezione di coscienza, di svolgere, sempre per sei mesi, un alternativo servizio di natura civile sul territorio, che può avere diversa natura.

Presumendo che già ve lo stiate chiedendo, va ora chiarito come mai ai nostri padri (e solo a loro) toccò questo servizio, mentre noi abbiamo avuto la fortuna (o la sfortuna a seconda dei casi), di risparmiarcelo: ebbene, la legge 23 febbraio 2004, n.226 (cosiddetta legge Martino) ha sospeso la leva obbligatoria; sì, sospeso e non abrogato, poiché per l’abrogazione sarebbe stata necessaria una riforma della Costituzione, la quale, come sappiamo, all’articolo 52 definisce la difesa della patria sacro dovere del cittadino.

Quella di cui parliamo è dunque una proposta che non punta all’introduzione di una legge ex novo, bensì al ripristino di un provvedimento preesistente, ma con caratteristiche talora diverse dalla leva obbligatoria prima in vigore.

Procedendo all’analisi di tali caratteristiche, partiamo col dire che il nuovo servizio militare, nel rispetto della parità di genere, non farebbe sconti a nessuno, spettando obbligatoriamente a ragazzi e ragazze tra i 18 e i 26 anni; non è ancora chiaro se ad esser coinvolti sarebbero, oltre ai giovani che compiranno 18 anni dopo l’entrata in vigore, anche coloro i quali si trovino già all’interno della fascia d’età indicata dal provvedimento, ma è verosimile che sia così.

Altra novità rispetto al passato è la durata: rispetto ai 10, 12 o 14 mesi di una volta, si parla di una nuova leva della durata di 6 mesi, per giunta da svolgere nel capoluogo della propria regione (o addirittura della propria provincia); rimarrebbero invece alcuni tratti caratteristici del servizio militare del passato: la possibilità dell’obiezione di coscienza, che tramuterebbe l’obbligo di leva in obbligo di servizio civile, che atterrebbe alla tutela del patrimonio culturale e naturale, protezione civile e soccorso pubblico; la facoltà di rimandare l’obbligo, fino ai 26 anni, per ragioni di studio; le sanzioni di natura penale a cui sarebbe soggetto chi si sottrae a questo dovere, sancite dall’articolo 14 della legge 230/98, che prevede da sei mesi a due anni di reclusione.

Siamo partiti affermando le discussioni e il dibattito, di natura politica, etica e ideologica, che questo disegno di legge ha suscitato, tra chi vede nel ritorno della leva obbligatoria una eccellente forma di educazione civica per i giovani e chi la reputa una inutile e anacronistica perdita di tempo e di denaro pubblico.

Quel che è certo, al di là delle legittime opinioni in merito, è che non parliamo di un provvedimento dalla natura così antiquata come potrebbe sembrare: sono infatti diversi i paesi dell’Unione Europea a prevedere tuttora un servizio militare obbligatorio, come l’Austria, la Danimarca, l’Estonia, la Finlandia, la Grecia, la Lituania e la Lettonia, con quest’ultima che ha provveduto, stante la sua vicinanza geografica e il suo passato con la Russia, a ripristinare la leva, abolita nel 2007, a seguito delle tensioni tra il Cremlino e Kiev, scoppiate nel 2022.

Insomma, un provvedimento che fa, sì, discutere, ma che quantomeno non ci vede isolati rispetto all’estero; a quanto pare, in Europa, ci sono molti latinisti accaniti: infatti, si vis pacem, para bellum.




The contents of the article represent solely the ideas and opinions of the author and in no way the opinions of Bocconi University or the IUS@B association.

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