Le accuse della Repubblica del Sudafrica allo Stato di Israele: una grande lezione di diritto umanitario.
- Francesca Sacco
- 16 feb 2024
- Tempo di lettura: 5 min
I contenuti degli articoli rappresentano esclusivamente le idee e le opinioni degli autori, e in nessun modo i punti di vista dell'Università Bocconi.
Il 29 dicembre, tre mesi dopo gli attacchi di Hamas contro la popolazione di Israele, la Repubblica del Sudafrica ha avviato un procedimento legale contro lo Stato di Israele davanti alla Corte Internazionale di Giustizia, richiedendo misure cautelari provvisorie per prevenire danni irreparabili.
Durante l’udienza dell’11 gennaio 2024 il Sudafrica ha presentato davanti alla Corte Internazionale di Giustizia un autentico appello al buon senso, dirigendo una grande lezione di diritto umanitario per gli stati europei che, ancora una volta, hanno perso l'opportunità di adempiere al dovere di vigilanza che dovrebbe essere saldamente radicato nella loro memoria. Il Sudafrica ha portato davanti alla Corte tutti i punti della Convenzione sulla Prevenzione e la Repressione del Crimine di Genocidio che potrebbero essere stati violati dallo Stato di Israele. Lo Stato accusatore, segnato dalla storia dell’apartheid, a causa della quale porta sulle spalle il peso della colpa, ha dimostrato la sua intenzione di continuare il suo cammino sulla strada della redenzione politica.
La Repubblica del Sudafrica ha sottolineato che la guerra non è iniziata ad ottobre, sostenendo che la Palestina subisce violenza da 76 anni. Difatti, oggi Israele continua a esercitare il controllo sullo spazio aereo, sulle acque territoriali, sui passaggi terrestri, sull'elettricità e sulle infrastrutture civili. Nonostante ciò, il conflitto israelo-palestinese è stato al centro dell’attenzione mediatica solo dopo il terribile episodio del 7 ottobre, con l’attacco e la presa in ostaggio di cittadini israeliani da parte dei miliziani di Hamas, che hanno sfondato in almeno sette punti la barriera che i governi israeliani hanno costruito. Benché l’attacco di Hamas costituisca un atto terroristico, avendo seminato terrore a fini politici ed avendo colpito moltissimi civili, il termine “terrorismo” non permette di capire i nessi e le dinamiche di un conflitto che va avanti da quasi cento anni.
Dunque, sottolineando che queste azioni costituiscono gravi violazioni del diritto internazionale, allo stesso modo l’assedio illegale d’Israele che dura ormai da sedici anni, deve essere attentamente esaminato e, se del caso, condannato. Il blocco israeliano su Gaza, che ha già subito numerosi attacchi brutali, costituisce una punizione collettiva che equivale, nel diritto internazionale, ad un crimine di guerra. Sebbene l’accusa di terrorismo venga ormai utilizzata dai media come una categoria morale, l’unica via per fare giustizia è quella di applicare il diritto internazionale umanitario, che offre un quadro valido a livello globale per chiarire la natura del conflitto.
Ritornando alle accuse del Sudafrica, lo Stato ha riconosciuto il continuo colpo subito dal popolo palestinese attraverso la colonizzazione israeliana dal 1948, che ha sistematicamente e forzatamente sfollato e frammentato il popolo palestinese, negando deliberatamente il loro riconosciuto diritto inalienabile all'autodeterminazione e il loro diritto, ancora una volta riconosciuto a livello internazionale, di fare ritorno come rifugiati nei loro villaggi e città, ora parte dello Stato di Israele.
Nelle ottantaquattro pagine presentate alla Corte Internazionale di Giustizia, innanzitutto, il Sudafrica porta avanti le ragioni per cui Israele avrebbe abusato del diritto alla difesa, oggetto dell’Articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Come ben sappiamo, il concetto di limitazione è intrinseco nel concetto di diritto; l’istanza del Sudafrica rende estremamente chiaro questo concetto, per cui se il diritto all’autodifesa di uno Stato non conosce limiti nelle sue manifestazioni, allora, dall’essere legge questo diventa delitto. Il dovere di tutti gli altri Stati è evitare che questo delitto possa diventare legalità.
Tra gli interventi dei giuristi sudafricani, quello di Adila Hassim, avvocata presso la Corte Costituzionale del Sudafrica, cerca di dimostrare esclusivamente attraverso le norme della Convenzione come la condotta di Israele possa aver violato l’articolo 2A 2B 2C e 2D della stessa.
• In primis l’avvocata cita l’articolo 2, ai sensi del quale per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale. Il punto A elencato all’art. 2 riguarda l’uccisione di membri del gruppo, in questo caso la popolazione palestinese. L’avvocata parla di massacro, constatando che le uccisioni sono così estese per cui nessun luogo a Gaza può essere ritenuto sicuro. In 3 mesi sono stati uccisi 23.210 palestinesi, il 70% dei quali son donne e bambini; 7.000 sono dati per dispersi, presumibilmente morti sotto le macerie. I palestinesi a Gaza sono soggetti a bombardamenti incessanti ovunque vadano.
• Ai sensi del punto B, successivamente, l’avvocata ritiene che la condotta di Israele è causa di grave danno fisico o mentale ai palestinesi: gli attacchi israeliani, infatti, hanno lasciato quasi 60.000 palestinesi feriti e mutilati. I palestinesi, inclusi i bambini, vengono arrestati bendati, costretti a spogliarsi, caricati su camion e portati in luoghi sconosciuti.
• Il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica viola l’articolo 2C: Israele, in violazione di questo terzo punto, avrebbe deliberatamente imposto condizioni a Gaza che non possono sostenere la vita e che quindi sono calcolate per portare la popolazione alla sua distruzione fisica. Israele ha causato il dislocamento dell'85% dei palestinesi, molti feriti sono stati costretti ad evacuare dagli ospedali, compresi i neonati in terapia intensiva. L'ordine stesso è genocida, richiedendo lo spostamento immediato senza permettere alcun aiuto umanitario.
• La violenza riproduttiva inflitta da Israele alle donne palestinesi, ai neonati, ai bambini potrebbe essere qualificata come “atti di genocidio” ai sensi dell'articolo 2D, nella fattispecie delle misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo.
• L’avvocata sottolinea come i genocidi non vengano mai dichiarati in anticipo, ma che la Corte Internazionale di Giustizia ha il beneficio delle ultime settimane di prove che mostrano in modo incontrovertibile un modello di condotta e intenzioni correlate che giustificano una plausibile affermazione di atti genocidi. Conclude dicendo che nulla fermerà la sofferenza tranne un ordine di questa Corte.
Il secondo punto su cui si basano le accuse contro Israele è il modo in cui viene condotto l'attacco militare israeliano: si sostiene che sia sistematico nella sua natura e forma, causando il dislocamento di massa della popolazione di Gaza. I leader politici israeliani stessi, infatti, avrebbero dichiarato esplicitamente il loro intento genocida. I loro discorsi al popolo e all’esercito israeliano equivarrebbero, secondo l’avvocata del Sud Africa, ad un incitamento al genocidio, violando così l’articolo 3(c) della Convenzione per cui deve essere punito l’incitamento diretto e pubblico a commettere genocidio.
Affinché il diritto internazionale, nella sua grande chiarezza, possa prevalere sull’uso indiscriminato della forza, è necessario capire il contesto di un’occupazione che incontestabilmente va avanti da oltre mezzo secolo, rappresentando la più antica occupazione militare della storia. Sono tre, infatti, le generazioni di palestinesi e israeliani che hanno vissuto e vivono la loro vita senza conoscere pace.
Il miglior modo per raggiungere la pace in questo caso, oltre ad applicare il diritto internazionale, è giungere ad un compromesso e portare avanti un dialogo che coinvolga, inevitabilmente, tutte le parti in causa. Infatti, pur trattandosi di un altro Stato, la guerra in questione non appartiene ad un’altra realtà: ogni parte del mondo in cui i principi di libertà, democrazia e giustizia vengono distrutti è un attacco alla nostra storia e al nostro presente. Ogni conflitto dovrebbe farci riflettere su quanto la pace debba necessariamente essere considerata in modo universale, in quanto quella ristretta, chiusa in un bunker, è solo illusoria.
La guerra, perciò, ha più vittime di quelle che sembra colpire: la striscia di Gaza bombardata è solo la punta di un iceberg molto più grande: mentre, da un lato, c’è la questione di un popolo, quello palestinese, che ancora oggi non ha uno Stato né dei diritti ed è costantemente minacciato dalla piaga della pulizia etnica, dall’altro c’è il popolo israeliano, con un passato difficile ed oggi intrappolato, forse inconsapevolmente, in un sistema coloniale che sembra comportare, in gran parte, lo sterminio dei palestinesi di Gaza.
Francesca Sacco
I contenuti degli articoli rappresentano esclusivamente le idee e le opinioni degli autori, e in nessun modo i punti di vista dell'Università Bocconi.
Comments